NEL GIARDINO DELLA MAGA CIRCE
- Prezzemolo o erba Moli? -
In fondo si stagliava la rocca. Massiccia, seminascosta dalla fitta vegetazione. La casa era circondata da un muro di cinta, fatto di pietra scura, annerita dal tempo.
Era titubante se proseguire o meno. Si grattò la barba brizzolata e s'appoggiò ad un palmizio, da dove si dipartiva, come biscia, un sentiero. S'udivano voci femminili oltre quel muro di cinta e lui, sì proprio lui, il vecchio eroe, scampato per fato, a tante vicissitudini, durante quel lungo viaggio di ritorno alla sua terra, era lì, con l'animo fremente e l'occhio lucido di voglie a lungo represse. Andare o non andare. Avventurarsi oltre quel portone semi aperto, per scoprire chi c'è, chi vive in quella dimora?
Si trovava, solo, con a fianco la spada, mezzo arrigginina, corrosa dall'acqua di mare. Solo col suo coraggio e le sue paure di uomo, diffidente e bonario, a secondo delle circostanze, ma il più delle volte dubbioso. Per le decisioni faceva scegliere al caso. Ed anche quella volta fu il caso a dargli la dritta.
Passava per quel sentiero, un ragazzotto tutto fischiettante. Aveva l'aria d'un pastorello, ma non si scorgevano, nelle vicinanze, animali al pascolo.
Il ragazzo si avvicinò al maturo guerriero, si salutarono, anche se il linguaggio era diverso. L'uomo fece cenno verso la rocca.
A forza di gesti il giovinetto comprese, era sveglio. S'irrigidì, sgranò gli occhi, cercò di esprimersi coi gesti. Le mani erano loquaci, quasi come la lingua. Fece intendere a quell'uomo che poteva essere suo padre, di stare attento. In quella casa accadevano strane cose. Nessuno ne era riuscito per poter raccontare cosa, regnava, là dentro; un certo mistero.
Poi, il ragazzo sorrise, strizzò l'occhio in senso di intesa con lo sconosciuto dall'aria bonaria. S'abbassò e si mise a cercare con le mani, fra i ciuffi d'erba, fra i rovi, finchè affondò le dita e strappò su un'erba.
L'eroe di tante battaglie, lo guardava con aria interrogativa, poi puntò lo sguardo su quella piantina che il ragazzo teneva fra le mani. Sembrava prezzemolo. Ma sì, si disse, è prezzemolo. Almeno le foglioline segmentate sembravano quelle. Una piantina che le donne usano in cucina per insaporire le pietanze.
Il ragazzo lo guardò e dalla bocca gli uscì un suono, che formò la parola "Moli". Almeno così gli sembrò di capire.
Di contro il forestiero ribattè: "Prezzemolo"?
Il ragazzo insistette ancora: "Moli"!
Poi fece cenno all'uomo affinchè ne mangiasse alcune foglie.
"Non mi vorrà per caso avvelenare?", pensò, titubante il guerriero. Allora il giovane, come intuendo il suo pensiero, ridendo prese a masticare egli stesso di quell'erba e invitò il forestiero a imitarlo. A quel punto l'uomo, non aveva motivo di dubitare e nulla da perdere..., prese quella specie di prezzemolo o moli che dir si voglia e la masticò.
Non accadde nulla, si sentiva bene, come prima. Ed ora?
Il ragazzo gli fece cenno di andare verso la rocca. E gli battè la mano sulla spalla...
Una frenata brusca dell'autobus, svegliò Lagos. S'era appisolato lungo la stradale che fiancheggiava i monti della Val d'Aosta. "Dove siamo?", si disse.
Si era quasi nelle vicinanze di Novara.
Nel sonno s'era ritrovato dentro gli intrecciati sentieri del mito, nel giardino della maga Circe.
L'erba moli... se ne sentiva quasi l'amaro in bocca.
Però quella frenata, gli aveva precluso il piacere di scoprire cosa si nascondeva al di là del muro di cinta di quella casa misteriosa.
Sicuramente si trattava di donne. Ne aveva udite vagamente le voci.
Pazienza, sarà per un'altra volta.
Ora il pulman viaggiava spedito, il chiacchiericcio delle colleghe di ritorno dalla conferenza stampa, lo annoiava di brutto.
Avrebbe voluto che Cela fosse accanto a lui.
Ma essa chissà dove si trovava in quel preciso istante. A crogiolarsi al sole come una lucertola, o all'ombra di un glicine, a scrivere poesie? O forse no. Oziava, magari pigramente, contando i sassi bagnati dall'onda, laggiù sul bagnasciuga.
Sandro Giusti