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Il Racconto del Mese

< Novembre 2005   >

-  Madùk -

di Giampiero Dèlmati

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M a d ù k



L'Autore di - Madùk-

Madùk, ritto in piedi su di uno sperone roccioso, appoggiato alla sua lancia di legno con la punta in pietra aguzza di sélce, la fronte bassa, lunghi i capelli incolti, il viso proteso verso l’orizzonte della grande distesa d’acqua salata, contemplava, assorto in un dubbio radicato profondamente nella non conoscenza, e intriso di superstizioni, il rosso tramonto, striato da nubi anch’esse rossastre. Il divino disco rosso scendeva pian piano dietro l’orizzonte mentre l’aere si faceva più pungente... Madùk scoprì che in lui sorgeva un pensiero: il dio della vita va a coricarsi e a ritemprare le proprie forze per poter, l’indomani, diffondere ancora luce e calore ai piccoli uomini della sua tribù. La luce sarebbe servita per individuare le prede e provvedere, così, tramite la caccia, al bisogno primario di sostentamento della sua tribù, e il calore avrebbe permesso di poter ridurre il fuoco nella caverna, nell’attesa di ravvivarlo, senza farlo mai spegnere, per la notte buia costellata di ombre minacciose. Il gran disco rossastro era immerso per metà nella linea d’orizzonte alla quale Madùk non sapeva dare una definizione, ma solamente, pensava, era la fine dello spazio visibile. Emise un suono gutturale, quasi diretto a trattenere, a fermare la fonte più importante che scandiva il suo ciclo vitale... ma il disco continuava nel suo inarrestabile moto. L’uomo alzò, istintivamente gli occhi al cielo. Forse invocò, inconsapevolmente, una preghiera al dio, poiché in lui germinava, ogni notte, la paura di non rivedere più sorgere, dalla parte opposta, il grande disco della luce; si voltò: le tenebre lo stavano raggiungendo, e quando cercò con lo sguardo il rosso dio, si accorse che era sparito. Ora Madùk aveva freddo, strinse a sé le pelli di vari animali con cui si era coperto ed emise un altro suono gutturale, quasi di stizza. Raccolse da terra una lepre che aveva cacciato qualche tempo prima, la mise sotto il suo vestimento, quasi a proteggerla da eventuali predatori, volse lo sguardo un’ultima volta verso l’orizzonte, poi, controllò se l’ascia di pietra fosse ancora al suo posto dentro la cintura fatta con una striscia di pelle animale, e, girando le spalle al mare Oceano, ridiscese, quasi di corsa, lo scosceso terreno da cui era venuto, tuffandosi nelle tenebre. Dopo poco tempo, intravide il bagliore del fuoco della sua caverna, che le donne avevano già badato a ravvivare, e un senso innato di sicurezza lo spinse verso quel rifugio, dove avrebbe consumato il pasto prima di addormentarsi, sperando che gli spiriti della notte che volteggiavano nella sua mente, gli donassero un sogno ristoratore. Ma, sopratutto, era fisso su di un pensiero: rivedere il dio della vita l’indomani all’alba, quando il riposo del disco rosso aveva ridato forza e vigore al dio astrale. Madùk, all’ingresso della caverna, si girò verso il punto da cui era tornato, quasi ad assicurarsi che ciò che aveva osservato, lo avrebbe rivisto domani, sullo stesso sperone roccioso, e là, avrebbe formulato il medesimo pensiero, forse una preghiera.


Giampiero Dèlmati