Comunicazione & Forme



 

 

 

 


Il Racconto del Mese

< Agosto 2007   >

 La verità può essere altro

di Gianpiero Dèlmati

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LA VERITA’ PUO' ESSERE ALTRO
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Il trillo della sveglia lo destò. Bruno aprì gli occhi, allungò un braccio e, con la mano sinistra, chiuse l’allarme della sagomata forma d’acciaio che accompagnava il suo sonno tutte le notti, in silenzio, fino al momento in cui faceva udire la sua trillante voce sommessa, non invadente, quasi piacevole.
Quella notte aveva sognato; il contenuto onirico era ancora ben presente nella sua mente, anche se le pupille, ormai, erano attive alla luce di un nuovo giorno. Morfeo gli aveva proposto una figura sorridente, eterea, che occupava spesso le sue notti dedicate ad un sonno solitario. Era così vera che gli sembrava di poterla condurre con sé di là dal sogno, nella vita reale quotidiana.
S’alzò, si diresse in cucina; prese la moka per due, e preparò un caffè doppio. Il sogno gli aveva procurato un’indescrivibile stanchezza psicofisica. Si sentiva come svuotato dentro, fiacco, ed anche frastornato... eppure era lei, la figura onirica era lei! Bruno sorseggiò con calma il caffè nero e forte, poi, prese una sigaretta dal pacchetto posato sul tavolo la sera precedente, l’accese... aspirò qualche boccata, mentre pensava, ancora una volta che, prima o poi, doveva smettere. Il suo cervello gli dettava tutto questo nel momento in cui il fumo aleggiava nell’ambiente, sagomando strane forme, per poi fuoriuscire imboccando la via della porta a vetri che dava sul balconcino della cucina che aveva lasciata socchiusa poco prima di preparare il caffè. Osservando il movimento della volatile sostanza, la mente di Bruno gli suggerì un’associazione d’idee: lei si era “volatilizzata” da quella casa circa undici mesi addietro, dopo tre anni di convivenza felice, gioiosa... così sembrava a Bruno. Lo aveva lasciato in modo inaspettato come quel fumo che, veloce, attratto da un gioco di correnti d’aria, guadagnava l’uscita. Sì, se n’era andata senza un rigo, né una parola: Sabrina era uscita dalla sua vita. L’amarezza e il vuoto che aveva lasciato dietro di sé, l’indussero a chiudersi in se stesso, a non coltivare nuove amicizie, rapporti sociali, a non affaccendarsi più di tanto, insomma, ad una vita quotidiana alquanto monotona e uggiosa. A lui piaceva pensarla così. Sabrina aveva “riempito” la sua vita per tre anni! Gli aveva dato uno scopo, rendendo il quotidiano meritevole di essere vissuto.
L’aveva conosciuta all’Università, facoltà di Sociologia. Dopo la laurea avevano deciso di convivere e di scegliere insieme un modesto appartamento che aveva il pregio di un giardino, ornato di qualche pianta da frutto e varie espressioni floreali, che lei aveva scelto. Piacevoli ore erano trascorse nello spazio verde, vissute in allegria e... felicità. Ma una sera, tornando dal lavoro, Bruno, dopo aver suonato il citofono ed atteso a lungo una risposta, dovette usare le proprie chiavi per entrare in casa. Quando fu nell’appartamento, ebbe una strana sensazione, un presentimento. Chiamò ad alta voce il nome di lei: una due, tre volte... nessuna risposta. Un pensiero strisciante lo percorse. S’avviò alla stanza da letto e... sei ante aperte lo accolsero; nessun indumento femminile era rimasto ad abitare il grande armadio. Bruno comprese. Si sedette sul letto sfatto per qualche istante, poi chiuse le ante con un gesto di stizza, che fece rimbombare tutta la stanza. Quindi, s’avviò alla cucina, accese una sigaretta, versò del latte in un bicchiere e lo trangugiò. Niente alcool, causa agitazione, mentre la bianca bevanda avrebbe agito da calmante. Così pensava. Raccolse mentalmente se stesso; provò a pensare cosa poteva aver causato la “fuga” di Sabrina dalla sua vita. Sì, perché era una fuga! Ci pensò, ma non trovò nulla cui addebitarsi, a parer suo, qualche colpa. Forse... ma no, non poteva essere quello! Quando decisero di mettersi insieme e convivere, erano già sei mesi che si frequentavano, e tutto andava bene, anzi di più, così stabilirono di una vita in comune.
Bruno non capiva, non si raccapezzava, non trovava alcun motivo, tanto meno spiegazioni al gesto di Sabrina. La sola cosa evidente e reale, la verità, era che, ora, ad un tratto, si trovava solo.
Aprì la porta-finestra che conduceva in giardino; ormai il buio aveva aggredito il verde. Accese i due lampioncini da esterno che lei aveva voluti e scelti in un grande magazzino, e subito una luce diffusa si distese sui fiori, che avevano raggiunto il massimo sviluppo in quella stagione, coronando il chiaro alone. Mentre, fumando un’altra sigaretta, osservava quello spettacolo reso, se si vuole, affascinante dalla luce artificiale che, “spalmandosi”, rendeva i colori floreali opacizzati, ebbe un barlume. Rammentò che pochi giorni prima era rincasato in anticipo sul solito orario, per via di un appuntamento di lavoro rimandato all’ultimo momento. Quel primo pomeriggio Sabrina era in casa, o meglio, in giardino. Seduta, sorseggiava una fresca bibita mentre i suoi occhi si compiacevano dei colori policromi che la flora trasmetteva. Squillò il telefono fisso e, datosi che si trovava nei pressi, rispose lui... era un tizio che proponeva un contratto con un nuovo gestore telefonico; ma a Bruno non interessava e, quindi, dopo aver ascoltato educatamente, interruppe in modo gentile la comunicazione. Ora, però, ripensandoci, gli sembrò insolita ed anche strana quella telefonata, anche perché l’interlocutore dall’altro capo del filo, sembrava un poco impacciato nell’esprimere la sua offerta, forse poco ferrato in materia, nonché sbrigativo nel chiedere il consenso o no all’offerta... Bruno, allora, pensò che fosse il solito addetto al call center, magari alle prime armi o al suo primo giorno di lavoro. Ma adesso, che rifletteva su quanto accaduto, il dubbio stringeva le sue spire, rendendo la morsa più serrata. Quella telefonata in un orario strano, forse, aveva qualche altro destinatario? ... Sabrina! Ecco, adesso sì. Il dubbio aveva ragion d’essere! In un primo momento rivolse su di sé l’attenzione, analizzando eventuali mancanze nei confronti di lei. Non ne trovò. Si domandò, anche, se gli importasse davvero tutto ciò... non si raccapezzava, era certo di non averla mai contraddetta, né di aver mai provocato screzi, anzi. Eppure la realtà era lì, davanti ai suoi occhi: era rimasto solo. E la verità non poteva essere altro... o sì? Comunque, ora, doveva trovare la capacità e la forza di vivere la solitudine, contornata da una nera caligine. Ci pensò qualche minuto, poi risalì i gradini che conducevano nell’appartamento, spense le luci del giardino e riparò in casa.
E se tutto ciò fosse stato solamente un sogno? La verità poteva essere altro. Si sedette davanti al rosso apparecchio telefonico, digitò un numero ed attese. “Pronto... ciao Elena, a che ora ci vediamo stasera?”

Gianpiero Dèlmati