Dicembre 2004
Un Codice Da Vinci pieno di Falsità contro la Chiesa Cattolica
Autori: Don Franco Tassone
Un Codice Da Vinci pieno di Falsità contro la Chiesa Cattolica
Immaginiamo questo scenario. Esce un romanzo in cui si afferma che il Buddha,
dopo l’illuminazione, non ha condotto la vita di castità che gli si
attribuisce, ma ha avuto moglie e figli. Che la comunità buddhista dopo la
sua morte ha violato i diritti della moglie, che avrebbe dovuto essere la
sua erede. Che per nascondere questa verità i buddhisti nel corso della loro
storia hanno assassinato migliaia, anzi milioni di persone. Che un santo
buddhista scomparso da pochi anni – che so, un Daisetz Teitaro Suzuki
(1870-1966) – era in realtà il capo di una banda di delinquenti. Che il
Dalai Lama e altre autorità del buddhismo internazionale operano per
mantenere le menzogne sul Buddha servendosi di qualunque mezzo, compreso
l’omicidio. Pubblicato, il romanzo non passa inosservato. Autorità di tutte
le religioni lo denunciano come un’odiosa mistificazione anti-buddhista e un
incitamento allo scontro fra le religioni. In diversi paesi la sua
pubblicazione è vietata, fra gli applausi della stampa. Le case
cinematografiche, cui è proposta una versione per il grande schermo,
cacciano a pedate l’autore e considerano l’intero progetto uno scherzo di
cattivo gusto.
Lo scenario non è vero, ma ce n’è uno simile che è del tutto reale. Solo che non si parla di Buddha, ma di Gesù Cristo; non della comunità buddhista, ma della Chiesa cattolica; non di Suzuki e del suo ordine zen ma di san Josemaría Escrivá (1902-1975) e dell’Opus Dei da lui fondata; non del Dalai Lama ma di Papa Giovanni Paolo II. Il romanzo in questione ha venduto tre milioni e mezzo di copie negli Stati Uniti, è sbarcato anche in Italia e la Sony ne sta traendo un film, che sarà diretto da Ron Howard e per cui è già cominciata una propaganda internazionale. Come è stato correttamente osservato dallo storico e sociologo americano Philip Jenkins, il successo di questo prodotto è solo un’altra prova del fatto che l’anti-cattolicesimo è «l’ultimo pregiudizio accettabile» (1).
Il Codice Da Vinci (2) mette in scena una caccia al Santo Graal. Quest’ultimo – secondo il romanzo – non è, come la tradizione ha sempre creduto, una coppa in cui fu raccolto il sangue di Cristo, ma una persona, Maria Maddalena, la vera «coppa» che ha tenuto in sé il sang réal – in francese antico il «sangue reale», da cui «Santo Graal» –, cioè i figli che Gesù Cristo le aveva dato. La tomba perduta della Maddalena è dunque il vero Santo Graal. Apprendiamo inoltre che Gesù Cristo aveva affidato una Chiesa che avrebbe dovuto proclamare la priorità del principio femminile non a san Pietro ma a sua moglie, Maria Maddalena, e che non aveva mai preteso di essere Dio. Sarebbe stato l’imperatore Costantino (280-337) a reinventare un nuovo cristianesimo sopprimendo l’elemento femminile, proclamando che Gesù Cristo era Dio, e facendo ratificare queste sue idee patriarcali, autoritarie e anti-femministe dal Concilio di Nicea (325). Il progetto presuppone che sia soppressa la verità su Gesù Cristo e sul suo matrimonio, e che la sua discendenza sia soppressa fisicamente. Il primo scopo è conseguito scegliendo quattro vangeli «innocui» fra le decine che esistevano, e proclamando «eretici» gli altri vangeli «gnostici», alcuni dei quali avrebbero messo sulle tracce del matrimonio fra Gesù e la Maddalena. Al secondo, per disgrazia di Costantino e della Chiesa cattolica, i discendenti fisici di Gesù si sottraggono e secoli dopo riescono perfino a impadronirsi del trono di Francia con il nome di merovingi. La Chiesa riesce a fare assassinare un buon numero di merovingi dai carolingi, che li sostituiscono, ma nasce un’organizzazione misteriosa, il Priorato di Sion, per proteggere la discendenza di Gesù e il suo segreto.
Al Priorato sono collegati i templari – per questo perseguitati – e più tardi anche la massoneria. Alcuni fra i maggiori letterati e artisti della storia sono stati Gran Maestri del Priorato di Sion, e alcuni – fra cui Leonardo da Vinci (1452-1519) – hanno lasciato indizi del segreto nelle loro opere. La Chiesa cattolica, nel frattempo, completa la liquidazione del primato del principio femminile con la lotta alle streghe, in cui periscono cinque milioni di donne. Ma tutto è vano: il Priorato di Sion sopravvive, così come i discendenti di Gesù in famiglie che portano i cognomi Plantard e Saint Clair.
Molti obiettano a qualunque critica del romanzo che si tratta, appunto, di fiction che in quanto tale non è tenuta a rispettare la verità storica. Questi critici hanno semplicemente dimenticato di leggere la pagina Informazioni storiche, dove Brown afferma che «tutte le descrizioni [...] di documenti e rituali segreti contenute in questo romanzo rispecchiano la realtà» (3), e si fondano in particolare sul fatto che «nel 1975, presso la Bibliothèque Nationale di Parigi, sono state scoperte alcune pergamene, note come Les Dossiers Secrets» (4) con la storia del Priorato di Sion.
Forse in
risposta alle molte controversie, a partire dalla sesta ristampa la pagina
Informazioni storiche, pagina 9 dell'edizione italiana Mondadori, è sparita
sostituita da una pagina 9 interamente bianca: ma naturalmente rimane
nell'edizione inglese (e nelle prime stampe italiane, per chi ha acquistato
il volume nelle prime settimane di diffusione).
La parte che anche l’autore presenta come immaginaria ipotizza che il
Priorato oggi si appresti a rivelare il segreto al mondo tramite il suo
ultimo Gran Maestro, un curatore del Museo del Louvre che si chiama Jacques
Saunière. Per impedire che questo avvenga, Saunière e i suoi principali
collaboratori sono assassinati. Uno studioso di simbologia americano, Robert
Langdon, è sospettato dei crimini, ma una criptologa che lavora per la
polizia di Parigi – Sophie Neveu, la nipote di Saunière – crede nella sua
innocenza e lo aiuta a fuggire. Il lettore è indotto a credere che
responsabile degli omicidi sia l’Opus Dei, ma le cose sono più complicate.
Sul conto di questi istituto si ripetono le più crude «leggende nere», cento
volte smentite, ma dure a morire, desunte dalla letteratura internazionale
che lo critica, esplicitamente citata. Nel romanzo, un nuovo Papa
progressista ha deciso di rescindere i legami fra la Chiesa e l’Opus Dei che
risalgono a Papa Giovanni Paolo II, e il prelato dell’Opus Dei accetta la
proposta che gli proviene da un misterioso «Maestro»: pagando a questo
personaggio una somma immensa, potrà ricattare la Santa Sede impadronendosi
delle prove del segreto del Priorato di Sion – cioè della «verità» su Gesù
Cristo – e minacciando di rivelarle al mondo. Un ex-criminale, ora numerario
dell’Opus Dei, è «prestato» al Maestro, e proprio quest’ultimo lo spinge a
commettere una serie di crimini. In realtà, il «Maestro» lavora per sé
stesso: è un ricchissimo studioso inglese, anti-cattolico, che vuole
rivelare il segreto al mondo e accusa il Priorato di tacere per timore della
Chiesa. Fra morti ammazzati, enigmi e inseguimenti Robert Langdon e Sophie –
fra i quali nasce anche l’inevitabile storia d’amore – finiscono per
scoprire la verità: la tomba della Maddalena è nascosta sotto la piramide
del Louvre, voluta dall’esoterista e massone presidente francese François
Mitterrand (1916-1996), ma il sang réal
scorre nelle vene della stessa Sophie, che è dunque l’ultima discendente di
Gesù Cristo.
4. Errori e mistificazioni
Solo la diffusa ignoranza religiosa spiega come qualcuno possa prendere sul serio un tale cumulo di affermazioni a dir poco ridicole. Ci sono testi del primo secolo cristiano dove Gesù Cristo è chiaramente riconosciuto come Dio. All’epoca del Canone Muratoriano – che risale circa al 190 d.C. – il riconoscimento dei quattro Vangeli come canonici e l’esclusione dei testi gnostici era un processo che si era sostanzialmente completato, novant’anni prima che Costantino nascesse. Quanto alla Maddalena, lo gnostico Vangelo di Tomaso, che piace tanto a Brown, ben lungi dall’essere un testo proto-femminista ne fonda la grandezza sul fatto che «[...] si fa maschio» (5). A Simon Pietro che obietta «Maria deve andare via da noi! Perché le femmine non sono degne della Vita» (6), Gesù risponde: «Ecco, io la guiderò in modo da farne un maschio, affinché ella diventi uno spirito vivo uguale a voi maschi. Perché ogni femmina che si fa maschio entrerà nel Regno dei cieli» (7). La cifra di cinque milioni di streghe bruciate dalla Chiesa cattolica è del tutto assurda, e Brown si dimentica del fatto che nei paesi protestanti la caccia alle streghe è stata più lunga e virulenta che in quelli cattolici.
L’idea stessa di un «codice Da Vinci» nascosto nelle opere dell’artista italiano è stata definita «assurda» dalla professoressa Judith Veronica Field, docente alla University of London e presidentessa della Leonardo Da Vinci Society (8). A fronte di questi svarioni, quello del traduttore italiano che chiama la torre dell’orologio del parlamento inglese «Big Bang» (9) invece di Big Ben sembra quasi un peccato veniale. Inoltre, chi conosca un poco la storia delle mistificazioni sul Graal sa che nel Codice Da Vinci vi è ben poco di nuovo: tutto è già stato detto in centinaia di libri su Rennes-le-Château (10), e – benché il nome di questa località francese non sia mai menzionato nel romanzo di Brown – i cognomi Saunière e Plantard fanno chiaramente riferimento alle stesse vicende.
Rennes-le-Château è un paesino francese del dipartimento dell’Aude, ai piedi
dei Pirenei orientali, nella zona detta del Razès. La popolazione si è
ridotta a una quarantina di abitanti, ma ogni anno i turisti sono decine di
migliaia. Dal 1960 a oggi a Rennes-le-Château sono state dedicate oltre
cinquecento opere in lingua francese, almeno un paio di
best seller in inglese e un buon
numero di titoli anche in italiano. Se ne parla anche in film e in fumetti
di culto, come Preacher o
The Magdalena. Il paesino si
trova all’interno di quel «paese cataro», cioè della zona dove l’eresia dei
catari ha dominato la regione ed è sopravvissuta fino al secolo XIII, che
una sapiente promozione ha reso in anni recenti una delle più ambite mete
turistiche francesi. Rennes-le-Château rimarrebbe però una nota a pie’ di
pagina nel ricco turismo «cataro» contemporaneo se del paese non fosse
diventato parroco, nel 1885, don Berenger Saunière (1852-1917). È a lui che
fanno riferimento tutte le leggende su Rennes-le-Château.
Il parroco Saunière era soprattutto un personaggio bizzarro. Nel 1909 si
rifiuta di trasferirsi in un’altra parrocchia e nel 1910, dopo aver perso un
processo ecclesiastico, subisce una sospensione
a divinis. Pure privato della
parrocchia, rimane fino alla morte nel paese, che aveva arricchito con nuove
costruzioni – fra cui una curiosa «torre di Magdala» – e scandalizzato con
una serie di scavi nella cripta e nel cimitero, alla ricerca non si sa bene
di che cosa. Diventato più ricco di quanto fosse consueto per un parroco di
campagna, si favoleggia che abbia trovato un tesoro. Tutto poteva spiegarsi,
peraltro – come sospettava il suo vescovo – con un meno romantico traffico
di donazioni e di messe. In epoca recente si è sostenuto che Saunière avesse
scoperto nella cripta importantissimi manoscritti antichi, ma quelli che
sono emersi sono falsi evidenti del secolo XIX se non del XX. È possibile
che, nel corso dei lavori per restaurare la chiesa parrocchiale –
un’attività che va in ogni caso ascritta a merito dell’originale parroco –
don Saunière avesse scoperto qualche reperto di epoca medioevale, ma in ogni
caso non in quantità sufficiente da arricchirsi. Si continua a ripetere
anche che Saunière sarebbe stato in rapporti con ambienti esoterici di
Parigi, ma di questo non vi è nessuna prova. La figura di Saunière non è
priva d’interesse, e le sue costruzioni mostrano che si trattava di un uomo
singolarmente attento alle allegorie e ai simboli, sulla scia di una
tradizione locale. Ma nulla di più ha mai potuto essere provato.
La leggenda di Saunière non sarebbe continuata nel tempo se la sua perpetua,
Marie Denarnaud (1868-1953) – cui il sacerdote aveva intestato le proprietà
e le costruzioni di Rennes-le-Château, per sottrarle al vescovo con cui era
in conflitto – non avesse continuato per anni, anche per incoraggiare
eventuali acquirenti, a favoleggiare di tesori nascosti. E se un altro
personaggio, Noel Corbu (1912-1968), dopo avere acquistato dalla Denarnaud
le proprietà dell’ex-parroco per trasformarle in ristorante, non avesse
cominciato, a partire dal 1956, a pubblicare articoli sulla stampa locale
dove – animato certo anche dal legittimo desiderio di attirare turisti in un
borgo remoto – metteva i presunti «miliardi» di don Saunière in relazione
con il tesoro dei catari.
Negli anni 1960 le leggende diffuse da Corbu su scala locale acquistano fama
nazionale dopo aver attirato l’attenzione di esoteristi – fra cui Pierre
Plantard (1920-2000), che aveva animato in precedenza il gruppo Alpha
Galates ed era stato anche condannato per truffe a sfondo esoterico – e di
giornalisti interessati ai misteri esoterici come Gérard de Sède, che
pubblica nel 1967 L’or de Rennes
(11).
Tre autori inglesi di esoterismo popolare – Michael Baigent, Richard Leigh e
Henry Lincoln – s’incaricheranno di elaborare ulteriormente le sue idee,
trasformandole in una vera industria editoriale – grazie anche alla
BBC, che batte la grancassa –
avviata con la pubblicazione, nel 1979, de
Il Santo Graal (12).
Secondo de Sède e i suoi continuatori inglesi, il parroco aveva scoperto il
segreto di Rennes-le-Château, dove sarebbe depositato non solo un tesoro
favoloso – variamente attribuito al tempio di Gerusalemme, ai visigoti, ai
catari, ai templari, alla monarchia francese, e cui il sacerdote avrebbe
attinto solo per una piccola parte –, ma anche – rivelato dalle presunte
pergamene ritrovate da don Saunière, dalle iscrizioni del cimitero, dalle
forme stesse degli edifici e di quanto si trova nella chiesa parrocchiale –
un tesoro di tipo non materiale, la verità stessa sulla storia del mondo.
Nel paesino pirenaico esisterebbero i documenti in grado di provare che Gesù
Cristo – verità accuratamente nascosta dalla Chiesa cattolica – aveva avuto
figli da Maria Maddalena, che questi figli portano in sé il sangue stesso di
Dio e che pertanto hanno il diritto di regnare sulla Francia e sul mondo
intero. Che il Santo Graal sarebbe, più propriamente, il
sang réal, il «sangue reale» dei
discendenti fisici di Gesù Cristo, è affermato da quando Plantard entra
nella storia di Rennes-le-Château. Il
Codice Da Vinci si limita a ripetere queste affermazioni. Per
prudenza, afferma Plantard, la discendenza dei merovingi da Gesù Cristo
sarebbe sempre stata mantenuta come un segreto noto a pochi. Ma i catari, i
templari, i grandi iniziati – dallo stesso Saunière al pittore Nicolas
Poussin (1594-1655), il quale ne avrebbe lasciato una traccia nel suo famoso
quadro del Louvre I pastori di Arcadia,
che raffigurerebbe precisamente il panorama di Rennes-le-Château – hanno
custodito il segreto come cosa preziosissima, lasciando trapelare di tanto
in tanto qualche indizio.
Oggi,
naturalmente, un Priorato di Sion esiste. È fondato nel 1956 da Pierre
Plantard – che si fa chiamare anche «Plantard de Saint Clair», inventandosi
un titolo nobiliare di fantasia che è alle origini delle affermazioni de
Il Codice Da Vinci secondo cui
anche «Saint Clair» sarebbe un cognome merovingio –, con tanto di atto
notarile e carte da bollo. Plantard ha lasciato intendere di essere egli
stesso un discendente dei merovingi e il custode del Graal. La prova che il
Priorato esiste da mille anni dovrebbe consistere nel nome di un piccolo
ordine religioso medievale chiamato Priorato di Sion. Questo è
effettivamente esistito – e finito –, ma non ha relazioni di sorta né con i
merovingi né con presunti discendenti di Gesù Cristo. È difficile non
concludere che il collegamento fra Rennes-le-Château, i merovingi e il
Priorato di Sion è puramente leggendario, e che il Priorato è
un’organizzazione esoterica le cui origini non vanno al di là
dell’esperienza di Plantard e dei suoi collaboratori. Non è esistito nessun
Priorato di Sion – nel senso in cui oggi se ne parla – prima dell’arrivo di
Plantard a Rennes-le-Château. Ora, naturalmente esiste: ma solo dal 1956.
Nella pagina Informazioni storiche
de Il Codice Da Vinci si
afferma, come ho accennato, che tutta la storia è confermata da documenti
inoppugnabili. Si tratta dei famosi documenti in parte «ritrovati» nel 1975
nella Biblioteca Nazionale di Parigi e in parte trasmessi in precedenza allo
scrittore Gérard de Sède. I documenti, però, sono stati «ritrovati» dalle
stesse persone che li avevano nascosti nella Biblioteca Nazionale di Parigi:
Plantard e i suoi amici. Ed è certissimo che non si tratta di documenti
antichi ma di falsi moderni. Il principale autore dei falsi, Philippe de
Chérisey – morto nel 1985 –, ha confessato di aver partecipato alla loro
falsificazione, lamentandosi perfino per la loro utilizzazione avvenuta
senza versargli il dovuto compenso, argomento su cui esistono lettere
dell’avvocato di Chérisey (13).
Quanto a
Poussin, la «prova» del suo collegamento con Rennes-le-Château avrebbe
dovuto essere la fotografia di una tomba presente nel territorio del paesino
francese, oggi distrutta, ma cui Poussin si sarebbe ispirato per il suo
quadro I pastori di Arcadia.
Peccato però che della tomba siano stati ritrovati il permesso e i piani di
costruzione, datati 1903, ancorché la tomba sia stata completata nel 1933 (14):
la tomba è dunque posteriore di quasi trecento anni al quadro di Poussin.
Nessun «documento» e nessuna «prova», dunque. Solo fantasie, buone per
vendere romanzi più o meno appassionanti, ma che dal punto di vista
strettamente storico devono essere considerate autentica spazzatura.
(1)
Cfr. PHILIP JENKINS,
The New Anti-Catholicism.
The Last Acceptable Prejudice,
Oxford University Press, New York 2003; in una comunicazione personale,
l’autore ha confermato di ritenere Il
Codice Da Vinci un esempio tipico della mentalità descritta nel
suo studio.
(2) Cfr.
DAN BROWN, Il Codice Da Vinci,
trad. it., Mondadori, Milano 2003.
(3)
Ibid., p. 9.
(4) Ibidem.
(5)
Vangelo di Tomaso, 114, in LUIGI
MORALDI (a cura di), I Vangeli gnostici.
Vangeli di Tomaso, Maria, Verità, Filippo, trad. it., Adelphi,
Milano 2001, pp. 3- 20 (p. 20).
(6)
Ibidem.
(7) Ibidem.
(8) Cfr. GARY STERN, Expert Dismiss Theories in Popular Book, in The Journal News, Westchester (New York) 2-11-2003, p. 1.
(9) D. BROWN, op. cit., p. 438.
(10)
Cfr. un’introduzione all’immensa bibliografia sul tema, nel mio
Rennes le Château: mistificatori e
mistificazioni sul Graal, in
Cristianità, anno XXIV, n. 258, ottobre 1996, pp. 7-9.
(11) Cfr. GERARD DE SEDE,
L’or de Rennes ou la vie insolite de
Bérenger Saunière, Curé de Rennes-le-Château, Julliard, Parigi
1967.
(12) Cfr. MICHAEL BAIGENT, RICHARD
LEIGH e HENRY LINCOLN, Il Santo Graal,
trad. it., Mondadori, Milano 1997.
(13) Cfr. lettera dell’avvocato B. Boccon-Gibod a Philippe de Chérisey,
dell’8-10-1967, in cui parla di documenti
«de votre fabrication et déposés à mon
étude», all’indirizzo
http://priory-of-sion.com/psp/id167.html,
visitato il 20-5-2004.
(14) Cfr. PAUL SMITH, The Tomb at Les Pontils.
The Real Truth, all’indirizzo
http://priory-of-sion.com/psp/id33.html, visitato il
20-5-2004.