Giugno 2008
RES PUBLICA -
di Gianpiero Dèlmati
Res publica
____________________________________________________________________________________________________“…servizio al cittadino, meno burocrazia, snellimento delle pratiche, ascolto più attento alle problematiche civili…”
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I dipendenti statali sono in fermento per le nuove idee che il ministro Brunetta ha in serbo per loro. E, come
sempre, la polemica, di matrice prettamente italiana, divampa. I Sindacati s’infiammano al fine di non perdere ulteriori consensi (leggi tesseramenti); i media battono e ribattono l’argomento da versanti diversi, e i lavoratori protestano per le “promesse” fatte dal ministro. Ma dico, se un lavoratore non fa malattie fasulle, non va al supermercato ad approvvigionarsi durante l’orario d’attività lavorativa, non timbra il cartellino e poi esce per i fatti suoi, non chiede ad altri di imitare i “pianisti” della Camera o del Senato, e quant’altro si possa aggiungere, che cosa deve temere? E’ normale che uno si rechi al lavoro per lavorare no?! Quindi tutto questo bailamme è da ritenersi giustificato? Personalmente ritengo di no. Lavorare per la Res publica e, quindi, per i cittadini, deve entrare nell’ottica di una responsabilità legata al servizio, il quale, deve escludere il sentirsi privilegiato da parte di chi lo esplica.
Il cittadino comune non riesce e tanto meno vuole comprendere, altresì accettare, né la poca professionalità, né la carente competenza che in diversi casi riscontra quando viene sballottato da un ufficio all’altro senza risolvere il problema. E se si reca davanti ad un impiegato pubblico; viepiù, non accetta quell’aria di “superiorità” (?!) e di boria che accerta molte volte nelle esternazioni di quei funzionari pubblici che dimenticano che stanno svolgendo un lavoro di “servizio”, cui il “padrone” non è né il Ministero né qualsiasi ente pubblico che dir si voglia, bensì il cittadino cui si deve rispetto e condivisione dei suoi diritti. Del resto, se i dipendenti pubblici sono tanti (alcuni dicono troppi) e il sistema non funziona come dovrebbe, qualcosa che non va ci deve essere! Comunque, teniamo in considerazione che tale numero è conducibile a possibilità lavorativa. Ciò non toglie, a mia opinione, che tale opportunità dovrebbe essere rafforzata dal senso di responsabilità e da effettive capacità di chi la esplica. Non dimentichiamo che oggi, purtroppo, c’è gente che lavora dieci ore al giorno per 800 euro al mese…e, magari, con contratto a termine. Ritengo, anche, che sia giusto l’aspetto meritocratico. Un’azienda privata lavora per il profitto economico, mentre la Res publica lo deve ottenere in forme diverse: servizio al cittadino, meno burocrazia, snellimento delle pratiche, ascolto più attento alle problematiche civili, fornire suggerimenti pratici, rispondere alle domande formulate con intelligenza e con adeguatezza… non trattare dall’alto in basso coloro che siedono dall’altra parte opposta della scrivania che, se pensiamo bene, sono i datori di lavoro!
I dirigenti della cosa pubblica non dovrebbero essere tali, come succede in alcuni casi, per conoscenze di vario tipo; dovrebbero essere dirigenti di fatto, competenti, responsabili… non si devono verificare casi in cui un dirigente, che ha scarsa conoscenza del compito affidatogli, chieda ad un suo collaboratore sottoposto, con anni d’esperienza, come fare a risolvere un problema. Ciò dimostrerebbe che non può essere all’altezza di dirigere… nulla. Infine, se l’apparato della Res publica ha bisogno di cambiamento, bisogna avere il coraggio di affrontare la riforma. Penso anche che un lavoratore onesto che opera secondo coscienza, non debba temere niente e nessuno. Un’ultima analisi: i preposti alla Res publica, sono pagati dai cittadini tramite le tasse (…che anche loro stessi pagano), i quali hanno pienamente diritto ad un servizio efficiente ed efficace.
Gianpiero Dèlmati