Comunicazione & Forme



 

 

 

 

     Ottobre 2009

L'Opinione opinabile - Ricordo di "quel" settembre -

di Giampiero Dèlmati

 

Articoli e Servizi Particolari

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L’opinione opinabile -

 

Ricordo di “quel” settembre

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Non è mia intenzione scrivere di politica. Voglio esprimere un disappunto personale, strettamente personale… quasi una riflessione, meglio, un ricordo.. La mia generazione è figlia del dopo guerra, strettamente imparentata con chi ha fatto e vissuto la II guerra mondiale. Certo, ormai appartiene al passato, al secolo scorso…ma, pensandoci, ancora molto vicino. Per chi ha sentito racconti e storie di prima mano da chi ha combattuto di qua o di là della barricata, non ha importanza, o ha letto le vicissitudini di una guerra, di chi ha potuto rendersi conto, anche se parzialmente, di quali orrori sono stati espressi, orrori, ripeto, deve aver provato un qualcosa di totalmente diverso per ciò che ha visto il giorno undici di “quel” settembre 2001. Se può esserci un’attenuante per la II guerra mondiale (e ne dubito che ve ne sia), potrebbe essere quello di una guerra definibile “tradizionale”.

Mi voglio ripetere: in ogni modo orrenda! Inumana. Ora, ricordando a distanza di anni, quanto successo NY, negli States, non mi è facile comprendere, dal punto di vista espressamente umano, come possa l’uomo diventare così determinato, ostinato, fanatico al punto di compiere atti di cui tutti siamo a conoscenza. Forse la parola spetta agli psicologi, agli psichiatri, ai sociologi… ma noi, gente comune, come facciamo, ancora oggi, a darci una motivazione valida atta a suffragare tali atti, che riteniamo inconcepibili. E’ vero che, se guardiamo nel sociale e nel nostro piccolo, rileviamo che negli stadi e nelle piazze si consumano aggressività, violenza e fanatismo, anche in luoghi che dovrebbero essere solo motivo di divertimento e/o d’aggregazione e svago… ma alla televisione quel lontano, ma assai vicino giorno, abbiamo visto qualcosa di diverso, inaccettabile da una coscienza umana; al punto che, di primo acchito, le immagini sembravano tratte da uno di quei film confezionati con grandi effetti speciali; questo mi ha rattristato non poco. Forse siamo arrivati al punto che la nostra coscienza ha formato una serie di “scudi protettivi”, prima di agire in assoluta libertà. Una serie di “filtri” che non lasciano più passare in modo diretto l’istante vissuto; lo manipolano, lo stravolgono, lo sminuiscono fino a distorcere la reale forma… non so. Qualcosa nel nostro animo moderno è cambiata, ovviamente. La società è cambiata è vero, ma è a causa dell’agire dell’uomo che le società mutano, si trasformano (in meglio, in peggio?…mah!). Ed ecco che torna in ballo la libertà della coscienza. Ho l’impressione (strettamente personale), che l’uomo debba rivedere se stesso, da dentro. Debba formarsi ex novo una coscienza, prima personale, poi sociale. Ricordandosi che è il singolo che forma la società, e che dà impulso al sociale, il Re del regno animale dovrebbe, forse, proporsi con meno etichette, meno avidità, meno prosopopea, meno apparenza, meno avere e più essere… non ho la pretesa di ricette, sto solamente facendo una riflessione o meglio …quasi una riflessione, poiché nessuno è indenne da “colpe”. Da qualche tempo ormai la parola solidarietà è entrata nel linguaggio quotidiano, nei discorsi personali, nel mondo dei media. La solidarietà non vuol dire carità; personalmente, penso che questa parola vada tradotta in "condivisione", che è tutt’altro.

 

Gianpiero Dèlmati