Marzo 2010
L'opinione opinabile -
di Gianpiero Délmati
No al pubblico ludibrio
________________________________________
Ecco, di nuovo. Ancora intercettazioni telefoniche, avvisi di garanzia, tangenti, bustarelle… ma allora, cosa dobbiamo pensare? Che la nostra società è corrotta… béh, non ci stupisce; quantomeno tutto questo è registrabile come un continuum, un avvicendarsi di fatti, forse in parte congetturati, forse possibili, ma anche, forse, non presumibili… certamente è compito della Magistratura fare luce. Ma, nell’attesa di tali”sentenze”, l’opinione è che la misura è colma!
Se: “C’è del marcio in Danimarca”, come diceva il grande Shakespeare… ebbene, bisogna sanare! Ma bisogna, anche, stare molto attenti a: “Sbatti il mostro in prima pagina”, poiché il mostro, come già avveratosi, molte volte non s’è dimostrato tale, anzi. Con ciò voglio significare che, in generale, alcuni i media dovrebbero innanzi tutto verificare le fonti ispirandosi alla Stampa seria. Altrimenti, attendere che le indagini facciano il loro corso e quant’altro possa definire una situazione certa di essere esposta al pubblico ludibrio ed evitare di spandere notizie presunte, coniugate al condizionale, che “salvano” chi le diffonde ma che, agli occhi della gente, suonano come una condanna certa… no, non credo che questo sia il modo migliore per informare la società. Personalmente ritengo che un operatore della comunicazione debba attenersi ad un’etica professionale, ma anche ad una personale regola comportamentale, al fine di una sincera, leale ed onesta morale. Solo in tal modo potranno rendersi degne di fede certe notizie. Indubbiamente, la flagranza (sorprendere in atto di…), è motivo di sicura notizia, e di condanna. Non vi sono né dubbi, né verbi coniugati al condizionale, solo fatti registrati e indiscussi. Ma un avviso di garanzia è solo un avvertimento che si sta svolgendo un’indagine su un determinato caso, o una determinata persona… non è condanna! Occorrono altri passi per arrivare alla determinazione di condanna. Occorrono indagini approfondite atte a sviscerare i fatti al fine di chiarire quanto presunto in fase preliminare. Solo dopo tali percorsi si potrà condannare o no. Mettere alla pubblica gogna persone che hanno affetti, amicizie, relazioni sociali… danneggia non solo il singolo soggetto, ma anche tutto ciò che circonda la sua vita! Certo, chi sbaglia deve pagare, senza distinzione; ma non prima di essere riconosciuto colpevole. Vieppiù, se “condannato” pubblicamente, anche con il condizionale, a mia opinione, è già ritenuto reo.
Gianpiero Délmati