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        Settembre 2008

Il mito della Fenice-

di Gianpiero Dèlmati

 

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Opinione Opinabile settembre 2008
IL MITO DELLA FENICE -


Leggo su diverse testate giornalistiche una breve notiziola timidamente stampata: Romano Prodi avrà un incarico in seno all’ONU, che si riassume in un ruolo d’alto livello e di responsabilità. Il segretario generale ONU, Ban Ki – moon, nominerà il suddetto professore alla guida di un team d’esperti che si occuperà d’operazioni internazionali di pace, in Africa.
Ma come, all’ex primo Ministro italiano bocciato dall’espressione democratica popolare alle ultime elezioni avvenute solamente qualche mese fa, e congiuntamente ad una gran parte dei suoi alleati politici formanti una larga coalizione di governo durato circa due anni alla guida del belPaese, e promotore in campagna elettorale di grandi idee e nuovi orizzonti (?!), dichiaratamente sconfitto e autodefinitosi con la vocazione del nonno, gli sarà affidato un incarico così responsabile e prestigioso? L’inventore dell’Ulivo (planato malamente), il sostenitore di ampie coalizioni al governo (planate malamente), lo “statista” che con il suo mega programma di centinaia di pagine non ha riscosso consensi neppure fra le sue fila, accetta un incarico simile?
Quando un politico è bocciato dalla maggioranza dei suoi cittadini, a mio parere, si dovrebbe ritirare dal Pubblico. Ma è una mia opinione, che coinciderebbe con “vox populi”, in contrapposizione col mito della Fenice.
A mia opinione, sempre opinabile, ritengo che le credenziali di un politico siano determinanti, come lo sono i curricula di chi cerca un posto di lavoro. Le credenziali, cioè le esperienze di un politico, dovrebbero essere oculatamente consultate e valutate a fondo prima di affidare certi incarichi ad alta responsabilità. Soprattutto a coloro i quali, nella propria carriera politica, hanno collezionato diversi “voli a planare”… penso che ciò possa portare, al lato pratico, solamente ad avere una sola risposta: una grossa incognita. A proposito, la leggenda della Fenice è e rimane un mito.


Gianpiero Délmati