Comunicazione & Forme



 

 

 

 

       Giugno 2010

No al pubblico ludibrio -

di Gianpiero Dèlmati

 

Articoli e Servizi Particolari

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No al pubblico ludibrio

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Ecco, di nuovo. Ancora storie d’intercettazioni telefoniche, avvisi di garanzia, tangenti, bustarelle… ma allora, cosa dobbiamo fare? La nostra società è corrotta…bèh, non ci stupisce; quantomeno tutto ciò è registrabile come un continuum, un avvicendarsi di fatti, forse in parte congetturati, forse possibili, ma anche, probabilmente, non presumibili… certamente è compito della Magistratura fare luce. Ma, nell’attesa di tali “sentenze”, si rileva che la misura è colma! Se: ”C’è del marcio in Danimarca”, come diceva il grande Shakespeare… ebbene, bisogna sanare! Ma è necessario, anche, stare molto attenti a: “Sbatti il mostro in prima pagina”, poiché il mostro, come già avveratosi, molte volte non s’è dimostrato tale, anzi. Con ciò voglio significare che, in generale, alcuni media dovrebbero innanzi tutto verificare le fonti, ispirandosi alla grande Stampa, seria. Altrimenti, attendere che le indagini facciano il loro corso e quant’altro possa definire una situazione certa di essere esposta al pubblico ludibrio ed evitare, così, di spandere notizie presunte, coniugate al condizionale, che “salvano” chi le diffonde ma che, agli occhi della gente, suonano come una reità certa… no, non credo che questo sia il modo migliore per informare la società. Personalmente, ritengo che un operatore della comunicazione debba attenersi ad un’etica professionale, ma anche ad una personale regola comportamentale (deontologia), al fine di una sincera, leale, onesta ed alta morale. Solo in tal modo potranno rendersi degne di fede certe notizie. Indubbiamente, la flagranza (sorprendere in atto di…), è motivo di sicura notizia, e di condanna. Non vi sono né dubbi né verbi coniugati al condizionale, solo fatti registrati e indiscussi. Ma un avviso di garanzia è solo un avvertimento che si sta svolgendo un’indagine su di un determinato caso, o un’indicata persona… non è una condanna. Occorrono altri passi per arrivare alla determinazione di condanna. Sono opportune indagini approfondite e atte a sviscerare i fatti, al fine di chiarire quanto presunto in fase preliminare. Solo dopo tali percorsi si potrà condannare o no. Mettere alla pubblica gogna persone che hanno affetti, amicizie, relazioni sociali… danneggia non solo il singolo soggetto, ma anche tutto ciò che lo circonda: la sua vita! Certo, chi sbaglia deve pagare, senza distinzioni; ma non prima d’essere riconosciuto colpevole. Vieppiù, se “condannato” pubblicamente, tramite il predicato verbale al condizionale, è già ritenuto reo dalla pubblica opinione. Penso anche che il cronista era ritenuto sinonimo di verità, poiché si recava personalmente sul luogo o si metteva in contatto direttamente con il personaggio del caso… questo era “abbeverarsi” a fonte sicura. Con questi copia-incolla ritengo probabile che “l’acqua della fonte “ sia inquinata.

 Gianpiero Délmati

  Giugno 2010