Comunicazione & Forme



 

 

 

Bruno Gallo

 

           Settembre 2006

  Lo spazio della conoscenza e l'idea di libertà -

           di Bruno Gallo

 

Articoli e Servizi Particolari

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Lo spazio della conoscenza
e l’idea di libertà

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“L’idea di libertà risulta vincolata dunque, dal particolare mondo, ambiente nel quale si è immersi. Non la “Libertà” ma piuttosto il “Grado di Libertà” deve costituire, anche per noi mortali, l’ambito di una possibile, realistica, produttiva ricerca”.
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E’ facile fare un esperimento mediante il quale lasciare le impronte del proprio corpo su un foglio di carta sufficientemente disteso sul pavimento di una stanza. Le tracce registrate sarebbero evidentemente prive di spessore sul piano della geometria euclidea. La soppressione di una dimensione, l’altezza, giustifica il fatto di essere diventati, per così dire, “piatti”. Stiamo parlando, sia chiaro, di un esperimento concettuale, di una pura astrazione, di un mondo fantastico. Sono tante le riflessioni, a parer mio importanti, che scaturiscono dall’analisi di condizioni che appartengono ad individui che sarebbero costretti a vivere in un mondo a due dimensioni. In linea di principio nulla vieta di ammettere che degli esseri piatti non possano essere dotati di logica e non abbiano le loro intuizioni e percezioni. Per i soggetti, invenzione della nostra mente, connessi strettamente al piano sul quale giacciono, emerge a prima vista la non possibilità di potersi sollevare essendo loro negata la dimensione necessaria: l’altezza. Non potranno quindi costoro abbracciarsi nè stringersi la mano e/o compiere tante altre azioni alle quali noi esseri tridimensionali siamo avvezzi. Potranno però ragionare, comunicare toccandosi, essendo consentito, in un mondo siffatto, strisciare da una posizione ad un’altra ed anche ruotare.
Mi viene in mente per prima cosa, in un tale ordine di idee, il concetto di “libertà”che compete alle nostre creature. “Libertà” non significa, come si può evincere, ”essere liberi di fare ciò che si vuole” ma, al più, “liberi di fare ciò che è possibile”. L’idea di libertà risulta vincolata dunque, dal particolare mondo, ambiente nel quale si è immersi. Non la “Libertà” ma piuttosto il “Grado di Libertà” deve costituire, anche per noi mortali, l’ambito di una possibile, realistica, produttiva ricerca.
Ma tornando ai nostri esseri piatti, potremmo legittimamente chiederci cosa essi potrebbero pensare degli individui venuti per così dire alla luce, (questo esperimento concettuale sarebbe un’ulteriore astrazione), mediante un accartocciamento su se stessi, con la perdita di un’ulteriore dimensione.
Il piano, in un simile evento, si ridurrebbe ad una retta che come sappiamo è fatta di infiniti punti. Questi nuovi esseri unidimensionali, per una maggiore comprensione della loro condizione, li potremmo assimilare a delle sferette di un pallottoliere che come tali avrebbero il solo “Grado di Libertà” di scorrere soltanto avanti e indietro lungo il loro asse.
Esasperando al massimo la riduzione delle dimensioni, tutti i punti della retta si potrebbero contrarre in uno solo ottenendo così un essere a zero dimensioni: un punto geometrico isolato, ultima e prima entità di una esistenza astrattamente logica possibile.
Un’avventura di “fantamatematica” evidentemente risulta questa che sto presentando a voi, lettrici, lettori! Non so quale potrà essere la vostra reazione in termini psicologici ma su di me, devo dire, ha esercitato, da sempre, un particolare fascino.
Molto creativo trovo il momento in cui un essere a zero dimensione, un punto isolato, pur non vedendo altri punti intorno a se può costruirsi una logica per capire cosa possono fare gli esseri unidimensionali che vivono su di una retta e questi ultimi, a loro volta, comprendere la logica che attiene agli esseri bidimensionali.

Gli esseri piatti, possedendo “Grado di Libertà” superiore agli “abitanti” collocati nei due precedenti mondi, possono osservare e comprendere aspetti fondamentali inerenti a quelle particolari esistenze.
Il fascino di tale avventura lo si coglie ancor di più nell’istante in cui un essere tridimensionale può mettere piede nel mondo popolato da entità piatte. E’ un esperimento strabiliante! Infatti, un essere tridimensionale, che penetrasse in una “stanza” abitata da esseri a due dimensioni, non potrebbe essere visto! Quanto accaduto può essere compreso soltanto logicamente ma non apprezzato a vista d’uomo mancando agli “esseri piatti” la terza dimensione: l’altezza.
Ma noi esseri tridimensionali, che, almeno credo, non siamo pure astrazioni, ci potremmo accorgere, nel nostro mondo, della eventuale presenza di entità quadridimensionali? Se la logica è quella fin qui descritta, dobbiamo rispondere: “no”. Non riusciremmo quindi ad accorgerci di così strane presenze che eventualmente penetrassero di giorno o di notte nelle nostre “stanze” o che decidessero di appropriarsi di oggetti che ci appartengono, di sottrarci, ad esempio, il caffè dal tavolo dove sediamo, ecc., non escludendo però del tutto, che colti da un senso di commiserazione nei confronti di una “umanità piatta”, (tale sarebbe la loro percezione nei nostri confronti), la possibilità di farci un bel giorno recapitare delle “Tessere Virtuose” sull’abc delle azioni da compiere.

Bruno Gallo