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La tempesta sulle acque e lo tzunami  della nostra fede                      

 

 

Gesù "costringe" i discepoli a lasciare la folla esaltata e a precederlo sull'altra riva: Lo svezzamento è severo e il viaggio che li attende particolarmente faticoso. Nello stesso tempo, Gesù congeda la folla e sale sul monte a pregare. Nei momenti di euforia dei discepoli, Gesù è solito fare il vuoto attorno a sé. Nella preghiera offre al Padre, dal quale proviene ogni bene, gli onori, la gloria e i ringraziamenti che la folla aveva rivolto a lui e ai discepoli. Ma lo sguardo fisso in Dio non distrae Gesù dalle necessità degli uomini, anzi, gliele fa vedere più distintamente. Nell'Antico Testamento, Dio cammina sulle acque ( mi sembra di vedere la televisione in questi giorni). Egli infatti domina i flutti e calma la loro violenza (è la richiesta di chi incredulo assiste impotente alla furia della natura). L'apparizione di Gesù ai discepoli li impaurisce e li fa gridare perché lo scambiano per un fantasma. La parola che Gesù rivolge loro: "Abbiate fiducia. Sono io. Non temete" è un invito alla calma, che accompagna ogni rivelazione divina, una rivelazione della sua divinità e un aiuto a superare la paura. Marco conclude il racconto con un'espressione fortissima: "Erano fuori di sé del tutto!". Perché? Perché non avevano capito il fatto dei pani, essendo il loro cuore indurito. Se essi avessero penetrato il mistero della moltiplicazione miracolosa, avrebbero riconosciuto colui che veniva camminando sulle acque del mare. Il martellare dei miracoli sulla loro intelligenza li rendeva ancora più confusi e spaventati: ne ritenevano gli elementi esterni, ma non riuscivano ancora a scendere nel loro significato più profondo. E' un accecamento dello spirito. Una cecità che non impedisce di vedere gli avvenimenti, ma di capire la portata dei gesti compiuti da Gesù, di penetrare il significato profondo di ciò che passa sotto i loro occhi e, soprattutto, di trarne le dovute conseguenze a riguardo della persona di Gesù. Durezza di cuore significa, in definitiva, totale incapacità di percepire il profondo significato della rivelazione che Gesù fa di se stesso attraverso le parabole e i miracoli. I Dodici non comprendono il mistero della sua persona, che traspare qui nel miracolo dei pani. Questo brano ci dice l'identità misteriosa del pane. E' il Signore che appare ai suoi come il Dio creatore e liberatore, dominatore del caos e salvatore dall'abisso. Egli si manifesta dicendo il nome rivelato a Mosè:"Io sono". L'Eucaristia è il Signore che si dona totalmente a noi nel suo amore. Mangiare l'Eucaristia significa nutrirsi di Cristo e porsi reciprocamente al servizio dei fratelli. I discepoli sulla barca sono in difficoltà perché non hanno capito questo, non sentono la presenza e  affidano al loro intuito come domare il loro tzunami. L'Eucaristia è la forza del cammino della Chiesa nella misura in cui la comunità cristiana riconosce in essa il suo Signore morto e risorto. Qualcuno ha detto che i credenti mostrano di avere uno spirito infantile quando cercano la spiegazione delle cose in Dio. Secondo gli scienziati la scienza dice tutto quello che si può dire di serio sul mondo e bisogna accontentarsi di questo, senza cercare altre spiegazioni. La scienza spiega il “come” delle cose, la fede vuole conoscere il “perché”.  Se ognuna delle due rimanesse nel suo ambito non ci dovrebbe essere conflitto tra di loro. Perché tante vittime innocenti? Dio dov’è quando le onde devastatrici, il terremoto, la guerra, l’ingiustizia sociale, la disperazione delle anime e tutto ciò che umanamente è lacerante e delittuoso colpiscono l’uomo? Così all’ultimo dell’anno mi ha interrogato Maimonide, un ragazzino adolescente che non mi ha lasciato tranquillo finché non gli avessi risposto. Se c’è il male Dio non esiste! E voi preti la sapete raccontare. Guardandolo gli ho indicato che l’umanità di Gesù Cristo è discesa fino in fondo nella scala della condivisione per abbracciare ogni sofferenza e ogni luogo di dolore. Chesterton ha detto con ragione: “Il mondo non soffrirà mai per la mancanza di meraviglie, ma per la mancanza di meraviglia”. Agli amici non credenti vorrei ricordare del resto che qualcuno aveva previsto la loro obiezione perché disse un giorno: “Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli”. Quante volte giudichiamo Dio dalle negligenze degli uomini, soprattutto quando non c’è la salvaguardia del creato dall’inquinamento e dallo sfruttamento forsennato delle sue risorse. La presenza di Dio e la sua assenza in un alternarsi di fiducia e di disperazione lo mettono comunque sul banco degli imputati, ma Dio è presente nella natura e nelle sue leggi, nella morte come nella vita, nella domanda e nella risposta, chiedendo a noi di confidare non nelle nostre attrezzature sofisticate ma nella filiale disponibilità a seguire la sua passione per gli uomini nell’aiuto reciproco e solidale.

 

 

Gennaio 2005

La tempesta sulle acque e lo tzunami  della nostra fede

Cultura e Formazione

Don Franco Tassone