Gennio 2011
LA BUONA POLITICA -
di Giuseppe Romeo
LA BUONA POLITICA NON PERDE MAI LA TREBISONDA*
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Dico e ritengo che la vera politica è l'arte più ardua di recepimento dei bisogni della collettività e di ricerca e applicazione dei rimedi più efficaci per risolverli concretamente e non enunciarli soltanto, come capita spesso di sentire durante lo svolgimento delle varie campagne elettorali e i concitati ed inconcludenti dibattiti politici televisivi e parlamentari di questi tempi.
Non è certamente l'arte del recepimento delle raccomandazioni alla ricerca del consenso elettorale, volta a soddisfare bisogni sporadici di singole persone fisiche o giuridiche, ma quella di fare riconoscere e tutelare con la necessaria prontezza, in condizioni di eguaglianza per tutti, diritti individuali e collettivi non campati in aria ma consacrati nella nostra Carta Costituzionale come il diritto al lavoro, alla salute e alle cure gratuite per gli indigenti, alla libertà e alla dignità delle persone, alla inviolabilità del domicilio, alla istruzione, alla formazione e elevazione professionale dei lavoratori, alla riservatezza, alla libera circolazione e residenza, alla libera e palese associazione, alla riunione pacifica e senza armi, alla libera professione della fede religiosa in forma individuale o associata ed all'esercizio in privato ed in pubblico del suo culto, alla libera manifestazione del proprio libero pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione purchè non si tratti di riti, pubblicazioni a stampa, spettacoli ed altre manifestazioni contrarie al buon costume, alla propria difesa in ogni stato e grado processuale, ad essere giudicato esclusivamente dal giudice naturale precostituito per legge e non dalla Pubblica Accusa deputata a perseguire e a non giudicare gli eventuali trasgressori della legge penale, al rispetto della presunzione di innocenza della persona imputata accusata della commissione di una reato sino a che non sia divenuta definitiva una eventuale sentenza di condanna a sua carico, allo svolgimento di qualsiasi processo e del correlato contraddittorio in condizioni di parità tra le parti in causa davanti al giudice terzo e imparziale e alla sua ragionevole durata, alla “informazione riservata” da dare nel processo penale, nel più breve tempo possibile, alla persona accusata di reato della natura e dei motivi dell'accusa elevata a sua carico, alla concessione del tempo e delle condizioni necessarie per preparare la sua difesa (comma 2 art.111 Cost.), al trattamento retributivo in caso di lavoro subordinato proporzionato alla qualità e quantità del lavoro da svolgere e sufficiente ad assicurare a se e alla sua famiglia di appartenenza una esistenza libera e dignitosa, al riposo settimanale e alle ferie annuali retribuite irrinunciabili, alla libera associazione in organizzazione sindacali ed in partiti con ordinamento statutario interno a base democratica, all'esercizio del diritto di sciopero nell'ambito delle leggi che lo regolano, al libero esercizio dell'iniziativa economica privata che non sia in contrasto con la utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà e alla dignità umana; al diritto all'assistenza, mantenimento, educazione ed avviamento professionale gratuiti per i cittadini inabili al lavoro e sprovvisti dei mezzi necessari per vivere; ad avere assicurati i mezzi adeguati alle esigenze di vita per i lavoratori in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchia e disoccupazione involontaria, all'educazione e all'avviamento professionale per i cittadini inabili e minorati.
C'è sul fuoco, dunque, ancora tantissima carne da cuocere, anche in favore della famiglia andata in declino, che sta correndo il rischio oramai da diversi anni di rimanere bruciata sul fuoco ardente della inconcludente contrapposizione e instabilità politico/governativa.
Ma non è soltanto questione di porre efficace rimedio alla tutela effettiva di tutti questi diritti in notoria sofferenza ma anche e soprattutto di garantire l'osservanza dei correlati obblighi; infatti, i diritti delle persone che si traducano sostanzialmente nell'obbligo che hanno altri soggetti di fare o non fare qualcosa per soddisfarli, quando sono riconosciuti come tutti quelli che ho spolverato volutamente per riporli all'attenzione di chi eventualmente ne ha perso la memoria, diventano affievoliti e traballanti e peggio ancora lesi quando rimangono inosservati i correlati doveri di chi ha l'obbligo di rispettarli.
Non è, infatti, concepibile l'esistenza di un diritto senza l'esistenza di un correlato dovere altrui di soddisfarlo e viceversa.
In questo indissolubile e non semplice intreccio si dovrebbe dispiegare la buona politica per semplificarlo e non per complicarlo; quando essa è buona davvero, viene svolta non a ruota libera ma per favorire lo sviluppo pacifico, civile ed economico della intera nazione avendo costantemente come punto di riferimento prioritario la rotta indicata dalla nostra carta costituzionale ed il suo eventuale aggiornamento quando è reso necessario ed indifferibile per semplificare e accelerare l'adempimento dei doveri costituzionali che sono previsti a garanzia della soddisfazione dei vari diritti; in essa, infatti, è imposto a carico di qualsiasi cittadino di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che concorre al progresso materiale e spirituale della società ( art.4 comma 2 Costituzione) ma soprattutto è imposto l'obbligo a carico di tutti i pubblici poteri e dipendenti della pubblica amministrazione ( nessuno escluso, dal Portiere al Presidente della Repubblica ) di svolgere la loro attività esclusivamente al servizio della Collettività nazionale ( artt.97/98 Cost.) e non per altri scopi individuali o di parte e di svolgerla con disciplina, onore ( comma 2, art.54 cost.), imparzialità ( disinteresse ) e con l'adozione di modalità di svolgimento che per essere buono ed efficace deve essere sollecito, preciso, puntuale, tempestivo ed economico.
Ma come è risaputo da tutti, negli uomini c'è più propensione a pretendere anziché a dare, per cui qualsiasi dovere è destinato a rimanere lettera morta se per la sua eventuale inosservanza non è previsto un efficace rimedio sanzionatorio dissuasivo.
L'art.28 della Costituzione che indica i funzionari e dipendenti dello Stato e degli enti pubblici come direttamente responsabili degli atti che compiono in violazione di diritti, è destinato a rimanere ancora una semplice enunciazione di principio se i trasgressori alla fine riescono a farsela franca anche dal punto di vista disciplinare, come spesso è sotto gli occhi di tutti.
Quando manca tutto questo, come chiaro e preminente punto di riferimento che impone un costante, consapevole, prudente e diligente impegno di conoscenza, ideazione, confronto, composizione, comparazione e mediazione, la politica diventa parapiglia di cui non ha alcun bisogno il Paese, soprattutto quando viene infoltita di deprecabile ed inconcludente propaganda continua, di cocciutaggine, di corbellerie, di insinuazioni, di insulti, di risentimenti e ripicche che sollazzano soltanto le varie tifoserie, ma non il comune cittadino e le aziende; quest'ultimi che non stanno nelle varie tifoserie politiche, ma alle prese giornaliere con le lungaggini ed incertezze in cui sono invischiate le proprie vicende amministrativo/giudiziarie anche per l'intollerabile ed ingiustificabile permanente silenzio/diniego ( oreccchio da mercante ) che molto Uffici Pubblici ed Enti incaricati di pubblici esercizi oppongono tacitamente, irresponsabilmente ed impunemente alle loro legittime rivendicazioni, non possono certamente vedere di buon occhio questo scompigliato modo di fare politica.
Pertanto, sarà bene che, rispetto al sopra delineato arduo ed autorevole compito della politica, almeno i suoi operatori più in vista si diano una buona regolata necessaria anche per fare riprendere quota al valore in caduta libera del voto che va sempre esercitato, in ogni caso, per fare fuori dalla scena politica chi la deturpa manovrandola a suo piacimento e premiare chi dimostra di avere le carte in regola per occuparsene seriamente senza farsi coinvolgere nei chiacchiericci e battibecchi ricorrenti nei vari salotti televisivi.
Non fa male, dunque, anche in politica fare tesoro del proverbiale detto la calma è la virtù dei forti che serve molto più per ascoltare, comprendere e comparare le ragioni altrui con le proprie anziché rimbeccare concitatamente.
In campo politico, il continuo battere colpo su colpo, è un rischiosissimo esercizio muscolare che produce soltanto rumore e rancore personale inducenti alla divaricazione anziché alla doverosa cooperazione che è quella che serve e pretende l'intero Paese, avendo tutte le forze politiche il comune denominatore non conflittuale di perseguire e raggiungere le migliori condizioni di benessere sociale.
Giuseppe Romeo
g.romeo@formedicomunicazione.com
29.01.2011.
*La parola trebisonda discende dall'omonima città della Turchia denominata Trabzon fondata nel 1204 e divenuta il maggiore porto commerciale sul Mar Nero punto di riferimento anche visivo per i naviganti in cerca di affari su quelle rotte; a quell'epoca, in mancanza di bussola, la dovevano tenere di vista per orientarsi nella navigazione ma soprattutto per compiere proficuamente i loro scambi commerciali; la politica, come ho già scritto in un mio precedente servizio su questo periodico, deve pure promuovere il compimento degli affari che non siano sporchi ma utili alla crescita economica e pacifica della collettività, ma non deve farsi immischiare dovendo tenere sempre a vista come unica “TREBISONDA”di riferimento non gli affari personali o di gruppo delle forze politiche in campo ma la nostra Costituzione ed i vincoli di appartenenza del nostro Paese alla Comunità Europea.