Comunicazione & Forme



 

 

 

 

          Novembre 2005

Il gioco - Le mete del gioco quali miglioramento della vita adulta

           Autore: Antonella Loffreda

Dottore in Scienze dell'Educazione Cultore della Materia della Cattedra di Semiotica del Prof. Fausto Pellecchia

Università degli Studi di Cassino Facoltà di Lettere e Filosofia
Corso di Laurea in Scienze della Comunicazione

 Lavori Scientifici o di Ricerca

 

                    www.formedicomunicazione.com                               

 



Il gioco - Le mete del gioco quali
miglioramento della vita adulta


Autore: Antonella Loffreda
Dottore in Scienze dell’Educazione

Quando si affronta il tema del gioco si possono prendere due direzioni: considerarli mezzi efficaci per raggiungere obiettivi di apprendimento, di riabilitazione o terapeutici oppure considerarli obiettivi essi stessi, mete valide da essere raggiunte e apprese da parte di qualunque bambino per migliorare le sue capacità di autoregolazione personale e conseguentemente la qualità della sua vita adulta.
Il gioco, per il bambino, è spontaneo e continuo, se gli lasciamo il tempo e lo spazio per agirlo.
Non occorrono proposte dirette o specifiche per agire il movimento ed il gioco; occorre, semmai, predisporre l’ambiente per permettere al bambino di giocarvi e giocarlo, da solo o con gli altri. Gioca a pieno campo lo spazio messo a lui a disposizione: li permette di sviluppare un gioco più libero e spontaneo, un gioco pensato dall’adulto per permettergli l’espressione delle sue fantasie, dei suoi bisogni, dei suoi desideri. In tali situazioni non vive l’inibizione o il timore del giudizio, ma il “permesso” di fare, esplorare, scoprire, trasformare, costruire da solo e/o con gli altri.
In tale spazio d’azione il bambino ricerca spontaneamente la figura dell’adulto, come garante della situazione, come punto di riferimento al quale ricorrere, da quale andare quando ne ha il desiderio.

L’importanza del giocare?
Il gioco offre ai bambini vie di comunicazioni in differenti codici, per conoscersi e per accettarsi, per conoscere ed accettare. Lo spazio, nel quale avviene il gioco, diviene uno spazio privilegiato, ove esiste una concreta uguaglianza delle opportunità, una maggiore stimolazione e motivazione ad esprimersi, senza giudizio di valore: esprimersi con i gesti, con la mimica, con lo sguardo, con le sonorità, con i colori; il desiderio di espressione, di comunicazione, trova sempre un modo di estrinsecarsi.
Il gioco è agito con il corpo ed i suoi prolungamenti: gesto, voce, sguardo, sonorità ed i possibili mediatori come il colore, l’odore, il tono. Parlare ed agire la corporeità rientra nel discorso più ampio della dimensione formativa dell’educazione, il quale tende a realizzare un rapporto più completo tra individuo ed educatore portando, inoltre, ad una atmosfera cooperativa e collaborativa nel gruppo: è possibile conoscersi e comunicare, avere relazioni fruendo differenti canali di comunicazione. Ciò sottintende accettare l’altro e se stessi per ciò che si è, con le reciproche differenze.
E’ molto importante offrire a tutti il maggior numero di opportunità, modalità e strumenti di comunicazione: ognuno elabora ed integra al proprio personale livello, vivendo il piacere dell’espressione spontanea, il piacere della comunicazione in una prospettiva partecipativa e collaborativa.
Quale migliore metodologia e strumento se non il gioco? E’ consigliabile utilizzare l’attività ludica nelle sue variegate e possibili: gioco strutturato, semi-strutturato, libero, orientato al funzionale, al cognitivo, al relazionale, gioco simbolico, di simulazione, fantastico. Gioco per il gioco ove il bambino può liberamente esprimere se stesso.
In altre parole –dice Winnicot – “è il gioco che è l’universale e che appartiene alla sanità: il gioco porta alla relazione di gruppo, il gioco può essere una forma di comunicazione in psicoterapia, il gioco facilita la crescita e per tanto la sanità e in fine, la psicoanalisi si è sviluppata come forma altamente specializzata di gioco, al servizio con se stessi e con gli altri. La cosa naturale è il gioco e il fenomeno altamente sofisticato del ventesimo secolo e la psicoanalisi”.
Fare in modo che i bambini siano messi in condizione di giocare è di per sé una psicoterapia che ha applicazione immediata e universale e include lo stabilirsi di un atteggiamento sociale positivo verso il gioco……. Il gioco è sempre un’esperienza creativa.
L’essere umano dimostra e manifesta, fin da piccolo, il desiderio, il piacere, la capacità creativa e costruttiva di giocare: esso di evolve e si articola in forme sempre più complesse se gli diamo la possibilità di agirlo.
La parte ludica dell’individuo, può e deve essere permessa non soltanto all’interno della sala di psicomotricità, il che sarebbe riduttivo e tradirebbe la psicomotricità stessa, ma trasversalmente alle attività del quotidiano. Significa cogliere le occasioni, fare evolvere tutte le opportunità esistenti le quali si presentano all’individuo: l’educazione è un atto agito con consapevole intenzionalità, la quale può essere vivificata e resa autenticamente costruttiva se sa cogliere l’imprevedibile, il non-prederminato, perché coinvolgente per il bambino e/o per il gruppo.

Il gioco psicomotorio.
Il bambino “apprende” attraverso il corpo e l’esperienza. Attraverso il corpo, lo sguardo, la mimica facciale, i gesti ed i movimenti, la posizione del corpo nello spazio, il tempo di azione egli comunica il suo essere al mondo attuando modalità di conoscenza utili per mettersi in relazione con gli altri.
In azione del bambino sono concentrate le sue affettività, tutti i suoi desideri, tutte le sue possibilità di comunicazione e di relazione.
Le attività di psicomotricità mettono in gioco tutte dimensioni proprio perché il bambino si vive in modo globale. Attraverso il gioco ed il movimento, il bambino ha uno spazio ed un tempo particolare per esprimere liberamente la propria creatività la quale nasce dai bisogni, desideri, limiti, per esteriorizzare le proprie emozioni, per provare piacere, per conoscere meglio il proprio corpo, il proprio sé, l’altro e gli oggetti. L’espressione psicomotoria viene così intesa come la maniera privilegiata di essere al mondo.
L’attività psicomotoria, partendo dalla spontaneità del bambino, da suo modo di agire e di giocare, favorisce uno sviluppo psicofisico armonioso.
Attraverso il piacer ludico, si attiva la motivazione al movimento, alla scoperta: nel gioco il bambino può parlare di sé attraverso il movimento del corpo, avendo molte possibilità di gioco tutte da inventare come, ad esempio, correre, saltare, dondolarsi, disegnare, manipolare, giocare a far finta di……., palpare l’oggetto, annusarlo, leccarlo, ecc. Tutte queste attività aiutano il bambino a conoscere se stesso, i propri limiti, affrontare i propri conflitti interni e le proprie paure, a sviluppare il proprio pensiero. Attivare l’attività psicomotoria significa attivare, nel bambino, la motricità, l’affettività e i processi cognitivi. Nel momento in cui il bambino ha “voglia di……..”, si rende disponibile a misurarsi con se stesso, con gli altri, e con le regole del gioco.
I giochi sono suddivisi in:
• giochi di movimento: giochi di motricità globale, di destrezza, di abilità motoria,
• giochi di conoscenza: queste tipologie di giochi favoriscono la presa di coscienza del proprio corpo e la disponibilità ad accettare la vicina degli altri;
• giochi di espressione: sono giochi in cui i bambini sono invitati ad usare tutte le parti del proprio corpo come strumento per comunicare una situazione.
L’attività può essere strutturata utilizzando il “momento del cerchio”: il gruppo si saluta, si riconosce, si racconta; il “momento del rilassamento”, della presa di distanza dall’esperienza vissuta; “momento della rielaborazione” attraverso la verbalizzazione, la simbologia del gesto e del movimento, la manipolazione.
I bambini agiscono immediatamente con e sull’oggetto: la libera conoscenza ed esplorazione dello stesso si manifesta nel gioco dinamico, nel piacere sensomotori
.

BIBLIOGRAFIA DI RIFERIMENTO:

Bibliografia di riferimento
Bigini A, Educazione psicomotoria, Nicola Milano editore 1990.
D. Ianes e F. Celi, Il piano educativo individualizzato, Erickson 2001.
D.W. Winnicot, Gioco e realtà, Roma, Armando Armando Editore, 1974.