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Correva l’anno …1848
Milano, scintilla del Risorgimento
Il Maresciallo Radetzky alla Congregazione municipale della città di Milano
Dal Castello di Milano 18 marzo 1848 – Ore 8 della sera
Dopo gli avvenimenti della giornata non posso riconoscere i provvedimenti dati per cambiare le forme del Governo e per riunire ed armare una Guardia Civica in Milano. Intimo a codesta Congregazione Municipale di dare immediatamente gli ordini pel disarmamento dei cittadini, altrimenti domani mi troverò nella necessità di far bombardare la città. Mi riservo poi di far uso del saccheggio e di tutti gli altri mezzi che stanno in mio potere per ridurre all’ubbidienza una città ribelle. Ciò mi riuscirà facile avendo a mia disposizione un esercito agguerrito di 100.000 uomini e 200 pezzi di cannone. Aspetto al momento un riscontro alla presente intimazione.
Radetzky, Maresciallo
Ordine! Concordia! Coraggio!
Le barricate e il coraggio determinato dei milanesi, cacciano gli Austriaci dalla città
“ Chi non apprezza la libertà, “All’indipendenza non si perviene
si
rassegni a vivere servo ” se non per la via della libertà”
Carlo Cattaneo
In quel lontano marzo 1848 ciò che successe a Milano, durante cinque giornate (sab. 18, dom. 19, lun. 20, mart. 21, merc. 22) di battaglie e di sacrifici, fu rappresentativo di un grande movimento legato ala rivoluzione liberale e democratica, che infiammò tutta l’Europa dei regni. Una scintilla del Risorgimento che divampò ben presto. La volontà, la passione, la voglia di libertà, il coraggio e l’abnegazione convogliarono nel riuscito tentativo di scrollarsi dal giogo straniero. Cinque giornate indimenticabili per i Milanesi, e fulgido esempio per i popoli soggiogati. Così, all’alba 18 marzo 1848, sotto una sferzante pioggia, cominciavano quelle cinque giornate che sarebbero state uno degli episodi più gloriosi del Risorgimento italiano; dimostrando, positivamente, l´efficacia dell'iniziativa popolare che, guidata da uomini consapevoli agli obiettivi della lotta, poté influenzare le decisioni dello stesso ré di Sardegna. Vediamo qui qualche riferimento storico.
L'insurrezione del popolo milanese contro gli oltre quindicimila austriaci del Maresciallo Josef Radetzky seguita ai moti di Vienna e di Venezia, fu preceduta dalla fuga a Verona del viceré Ranieri, che lasciò il potere nelle mani del conte Moritz O'Donnell. Il 18 marzo, all'annuncio di imminenti riforme, la folla si diresse verso il palazzo del governo dove cominciarono gli scontri. O'Donnell concesse la guardia civica, mentre in giornata gli austriaci occuparono con la forza il municipio. I capi del moto erano di tendenze politiche eterogenee: repubblicani mazziniani, moderati come il podestà Gabrio Casati, democratici federalisti come Carlo Cattaneo. La resistenza dei milanesi, organizzata con efficienza grazie a una fitta rete di barricate e di contatti tra i quartieri della città effettuati dai Martinitt ( ragazzi orfani) fu coronata dal successo: il 20 marzo quasi tutto il centro era nelle mani degli insorti e la situazione apparve a Radetzky così grave da richiedere un armistizio, peraltro rifiutato dai patrioti grazie alla determinazione di Cattaneo. Il 21 marzo giunsero da Torino le prime notizie di un possibile intervento del Piemonte, incoraggiato dai moderati lombardi (l’intervento non sarà effettuato, e Milano si libererà da sola); nello stesso giorno si costituiva il governo provvisorio, mentre le milizie civiche si apprestavano a espugnare porta Tosa (da allora detta porta Vittoria), che cadde il giorno successivo, costringendo Radetzky alla ritirata.
Durante lo sciopero del lotto e del fumo, i Milanesi cantavano alcune filastrocche all’ indirizzo degli Austriaci e Croati, che fumavano i sigari in modo provocatorio:
“ E l’è rivaa el sur Piero in abito nero, “ Hanno il sigaro tra i denti solo i birri e i confidenti:
in abito di gala… Abbasso la sigala! “ Cittadini state attenti, se vi preme il vostro onor.”
Una sintesi
A Milano il presidio austriaco era numeroso, armatissimo e comandato da Josef Radetzky Generale e Maresciallo dell’Impero Austroungarico più che ottantenne, ma energico e rigido, vera espressione della severa mentalità militare austriaca, che non aveva alcuna intenzione di cedere. Ma la città intera combatteva per le vie innalzando barricate, sparando dalle finestre e dai tetti, inviando messaggi per mezzo di palloni areostatici alle popolazioni delle campagne per esortarle a prendere parte alla lotta. Si formarono un governo provvisorio presieduto dal podestà, Gabrio Casati, e un consiglio di guerra, di cui era anima Carlo Cattaneo; la resistenza fu organizzata con intelligenza e decisione; eroici furono i ‘Martinitt’ i fanciulli dell'orfanotrofio, che si offrirono come portaordini nel collegare i vari punti della città col consiglio di guerra. Il Maresciallo Radetzky vista la difficoltà di resistere nel centro della città, l´assediò con le forze di cui disponeva, ma timoroso d´essere attaccato alle spalle dall'esercito piemontese e dai contadini provenienti dalla campagna, preferì ritirarsi. La sera del 22 marzo 1848, gli Austriaci si ritiravano verso il "Quadrilatero", trascinando con sé numerosi ostaggi arrestati all'inizio della sommossa. "Quadrilatero" era chiamata la zona fortificata compresa fra le quattro città di Verona, Legnago, Mantova e Peschiera del Garda. Frattanto il resto del territorio della Lombardia e del Veneto era ormai libero. In ricordo di questo giorno nacque il giornale ufficiale del governo provvisorio, chiamato appunto "Il 22 marzo", che aveva sede nel Palazzo dei Conti Lucini Passalacqua in Via Monti di Pietà.
“ T’el set se gh’è sucess in coeu! Serum lì tucc per ciapà el casermun del Genio, numm fora, i todesch denter! Un foegh de ball come all’inferno! El Manara l’era de tutt part ma quel diavuol di todesch, sparaven propi ben, l’era impusibilo entraà denter. Quand tutt a l’impruvis ven fora dal fum un omm. Te se ricordet quel brau fieou che l’è tutt sturpià, ch’el gh’ha la gamba sifulina? Quel li ch’el fa el bagatt al cours del Durini… ho bella me se ricordi no come el se ciama! Te voret dì el Pasquale Sottocorno! Brau propi quel! El riva ch’el gh’ha in man un bottiglion. El dis che gh’è denter l’acquaragia, e mi pensi “l’è minga el mument de nettà el vestj”, lù tutt cuntent el cata su un toc’ de strascc, che l’è lì per tera, le cascia giò denter el bottiglion. E tutta la gent che gh’è lì a vardà la pensa “quel li l’è propi matt” ma luu senza un fiaa el dis nient a nessun el ciapa su anca una fascina de legna e via de corsa. Par impussibil co’ stampell, ma l’era svelt come una faina, a cor giò per la via a renta a renta el mur. Quand el riva visin al porton del Genio, cont i palotul che fisciavan de tutt i part, el butta la fascina contra, con l’acciarin el taca el foegh al toc de strasc e cont un scatt impruvis el tira el bottiglion contra el porton. El foegh el vola de tutt i part. E el se taca a tutt coss, al legn, ai strasc che gh’è lì, al porton, crèdèm nanca un minut e gh’è vegnuu fora un gran foegh e tant de quel fumm che se vedeva pu’ negot. Quel matt d’un brau fieu el corr indré e tutt a un trat l’hoo vist buttà ll giò per tera. L’è possibil che una quaj palotula l’ha ciapà in di gamb, ma serum sicur che l’era minga mort. Un’ora dopo el porton l’era tutt brusà e num sem andaà denter al Genio. Gh’heren tutt quej malnat de tudesch cun i man per arii al paradis. Appena possibil el Manara e tutt i alter a cercà quel giovinot, ma per un bel toc sem sta minga bon de trovall. Dopo l’hoo vist, l’era settà giò dedrè de una colonna, feriì ai gamb ma el diceva nient, el mùs l’era tutt negher, e stava lì cont i soo stampell serrà in man. E ghe lusiven i oeucch ! ”
Un’eroina sulle barricate
Luigia Battistotti Sassi,
(o Luisa, sulla quale ha relazionato nel 2001 la professoressa Renata Crotti dell'Università di Pavia)
24 anni, di Stradella (PV) abitante in Cavo Vettabia, fù la prima ad erigere le barricate nel suo quartiere. Il giorno 19, strappata di mano una pistola ad un soldato austriaco, intimò ad altri cinque di arrendersi, i quali furono presi e consegnati nella caserma dei finanzieri a San Michele alla Chiusa. Luigia, vestitasi da uomo, al Borgo Santa Croce arrestò tre guardie di polizia e le condusse in casa Trivulzio a Sant’Alessandro. Fattasi condottiere di circa cento uomini li guidò sotto una pioggia di palle che dalla posizione di Sant’Eustorgio, cadevano sul Bastione tra Porta Ticinese e San Celso. Recatasi nel borgo della Fontana sostenne, unita a vari pompieri, una lunga feritoia contro i Croati.
Ultimo giorno di combattimenti: Mercoledì 22 marzo
Mercoledì mattina, il cielo è sereno. Il Governo Provvisorio tenta di sciogliere il Consiglio di Guerra. Cattaneo e gli altri membri a sdegno di quello che considerano un tradimento a favore del Piemonte, ma con senso di responsabilità, decidono di continuare a dirigere i combattimenti, d’accordo con il Comitato di Difesa costituiscono un unico Comitato di Guerra con presidente Pompeo Litta, l’unico del Governo ad avere esperienza di battaglia. Membri sono: Cattaneo, Cernuschi, Terzaghi, Clerici, Carnevali, Dissoni, Ceroni, Torelli. Il Consiglio di Guerra vivrà solo quarant’otto ore. Durante la mattina si promulga il Primo Proclama del Governo Provvisorio, presieduto da Gabrio Casati. In seguito, il Comitato di Guerra abbandona Palazzo Taverna e si porta nei luoghi di combattimento: Porta Ticinese, Porta Romana e Porta Tosa. Porta Tosa (Porta Vittoria) è conquistata, perduta e definitivamente conquistata con una durissima e sanguinosa battaglia, utilizzando le barricate mobili inventate dal Carnevali e magistralmente dirette sotto il comando di Luciano Manara e di Enrico Cernuschi. Un valido aiuto arriva dai cittadini delle altre città che, informate dai dispacci trasportati dagli areostati ( costruiti dall’abate Antonio Stoppani e Cesare Maggioni nel Seminario Maggiore in via del Corso (Corso Venezia), e in altra parte della città in Galleria De Cristoforis dal profumiere Dunant), sono accorsi in aiuto alla città e, dall’esterno delle mura, chiudono tra due fuochi le truppe austriache. Frattanto, gli insorti espugnano, in via Brisa, palazzo Delmati, abitazione privata di Radetzky, e si impossessano della sua sciabola da parata, donata, dal popolo, a Carlo Cattaneo.
La fuga di Radetzky
Verso le due di notte il Maresciallo dell’Impero aveva abbandonato Milano in una carrozza imbottita di paglia per sembrare un furgone – la città si trovò improvvisamente silenziosa. – Milano era libera! Le campane cominciarono a battere a festa! I cittadini corsero al Castello e vi innalzarono la bandiera tricolore e poi andarono in cerca dei prigionieri; purtroppo nei cortili e nei fossati si offrì loro uno spettacolo di morte, orribile e straziante. Gli Austriaci, nei cinque giorni di battaglia, avevano perso circa 4.000 uomini; le vittime milanesi furono circa 1.000, fra le quali donne, ragazzi, vecchi sorpresi nelle case dai Croati e barbaramente sgozzati, sventrati, mutilati. Era l’alba del 23 marzo 1848. Un’intera città quasi senza armi in un impeto di meravigliosa follia e creatività, in cinque giorni, aveva sconfitto un grande esercito e un geniale Generale. Nei mesi successivi molto dei fatti e dello spirito delle Cinque Giornate andò perduto o fu tradito, ma la gloria di quei giorni resta scolpita nella storia d’Euro
Milano 18-22 marzo 1848 Regno Lombardo- Veneto
Schieramenti
Insorti milanesi Impero Austriaco
Comandanti
Augusto Anfossi
Giuseppe Brogli Josef Radetzky
Luigi Torelli
Luciano Manara
Effettivi
Sconosciuti 15.000 (di cui 2.500 italiani)
Perdite
Circa 1.000 circa 4.000
Esito
Vittoria degli insorti e liberazione della città
*Fonti: Associazione culturale Padania Bella – Wikipedia
Note del redattore:
l’azione degli insorti per la riconquista della residenza del Maresciallo J. Radetzky (palazzo Delmati) è legata alla storia della mia famiglia, così come il patriota Gaetano Delmati (anni 24) immolatosi per la libertà. Il suo nome è inciso a perenne memoria sulla stele di Piazza Cinque giornate a Milano.
Gianpiero Dèlmati
Marzo 2011
Correva l'anno ... 1848
di Gianpiero Dèlmati